Sono trascorsi già 10 mesi dall'ultima volta che ho appoggiato piede sulla "Isla Grande",
la maggiore delle Antille in quel caribe da me tanto amato. Un tempo quasi infinito, per chi
come me, in quel luogo ha ritrovato "l'essenza del essere", sia in relazione famigliare sia
per quella sensazione di appagamento che mi pervade quando approdo in quella meta. Non
tanto per ciò che nell'immaginario collettivo questa Isola rappresenta, quanto piuttosto per
la fuga da questa quotidianità che quell'Isola ben rappresenta nella mia vita.
In effetti, già è tempo che inizi ad organizzare il prossimo viaggio, sempre che, la mia
"dolce metà", originaria di quel mondo, me lo permetta. Già, non ho mai ottenuto "nulla osta",
ad un viaggio senza Lei al mio fianco, all'opposto invece, Lei ha più volte viaggiato senza di me.
Strani casi della vita, ma indifferentemente da questo, credo che in questa occasione, allargherò
l'organizzazione a chi desidera partecipare ad una vacanza alternativa, quindi niente turisti modello "Alpitour"!.
Dedico pertanto questo articoletto di oggi, a quell'isola, sia perchè è da tempo che non lo faccio,
sia perchè scrivendo mi infonde il desiderio di viaggiare.
E' di pochi giorni fa la notizia che il pieno di «super» all'Avana è un privilegio solo per i turisti
che pagano in contanti e per le auto da loro affittate. Tutti gli altri, comprese le aziende statali
che acquistano il carburante con carte prepagate che si riforniscano di benzina «normale»,
detta anche la «spacca motori» visto il bassissimo contenuto di ottano e il fumo da ciminiera che produce,
restano senza benzina perchè il venezuela non la regala più. La decisione del regime di Raul Castro è stata obbligata
visto che ormai da settimane Caracas ha interrotto le forniture di carburante alla dittatura caraibica,
essendo anch'essa rimasta a secco, e questo nonostante il Venezuela sia il Paese che ha più riserve di petrolio al mondo.
Ma "chi" è questa Cuba da tutti sentita e da pochi conosciuta, mi permetto una pillola di storia,
liberamente tratta da un articolo di
Umberto Guzzardi, dal sito
Il Caffè Geopolitico
Da quando, nella notte di Capodanno del 1959, il presidente e dittatore cubano Fulgencio Batista annunciava ad
una attonita platea la sua fuga e la prossima conquista della capitale da parte di un gruppo di rivoluzionari
guidati da tali Fidel Castro ed Ernesto Guevara, in arte il Che, l'isola di Cuba è diventata uno dei principali
palcoscenici della Storia. La dura reazione statunitense, che varò un pervasivo embargo economico nel tentativo
di soffocare la sua economia, ebbe l’unico risultato di spingerla nell'abbraccio dell'orso russo: in pochi anni,
il governo dei "barbudos" instaurò un'economia centralizzata, si dichiarò comunista e fedele all'URSS,
portando al contempo il mondo ad un passo dall'annichilimento nucleare.
Da allora, il regime cubano ha dato prova di strabiliante resistenza, riuscendo a sopravvivere al crollo della sua
benefattrice sovietica ed a trovare anche un valido sostituto nel Venezuela di Hugo Chavez, che ha sempre visto nel
"Lider Maximo" cubano un modello ed un "mostro sacro" del sentimento anti-statunitense.
La crisi dell'amico e benefattore venezuelano, schiacciato dal crollo del prezzo del petrolio e della sua stessa
disorganizzazione, ha costretto però L’Avana a cercare nuovi amici. A riprova del fatto che per i governi il bene
più alto è la propria persistenza al potere, il presidente Raul Castro, subentrato al fratello Fidel nel 2008,
non ha trovato nessun controsenso nel rivolgersi al nemico di sempre, gli Stati Uniti. Il riavvicinamento,
mediato dal Canada e dalla Santa Sede, ha trovato in Barack Obama un presidente ben disposto e comprensivo.
Di fronte ad un'apertura abbastanza limitata, Washington nel 2014 ha ufficialmente rimosso il bando ai voli da e verso Cuba,
ha riaperto l'ambasciata, ed ha rimosso l'isola caraibica dalla lista dei Paesi sostenitori del terrorismo,
passo necessario per abolire l'embargo economico. La mossa del presidente uscente ha incontrato il plauso del mondo
internazionale e di quello degli affari. Infatti, pur essendo un mercato piccolo (circa 11 milioni di abitanti)
ed a basso reddito (circa 12/15 dollari al mese), molte aziende USA hanno visto grandi possibilità di investimenti,
soprattutto nel campo del turismo e dei servizi. Un'altra importante riforma è stata l'abolizione della regola migratoria
del "wet foot, dry foot" , (piede bagnato, piede secco), che permetteva ad ogni cubano che riusciva ad arrivare
sul suolo degli Stati Uniti di evitare il rimpatrio e di divenire residente legale.
Il 2016 è stato segnato da due eventi estremamente importanti per Cuba e per il processo di disgelo: il 25 novembre la morte
di Fidel Castro, uno degli ultimi protagonisti viventi della fase più antagonistica della Guerra Fredda, e l’8 novembre la
vittoria di Donald Trump. Durante la campagna elettorale, per ottenere il voto degli immigrati cubani anticastristi,
Trump aveva fortemente criticato il disgelo obamiano, definendolo troppo accomodante nei confronti dell'isola.
Una volta giunto al potere, il presidente ha annunciato l'intenzione di "rivedere da cima a fondo" la politica USA verso Cuba,
di cui ha criticato le continue infrazioni dei diritti umani nei confronti di prigionieri politici,
l'insufficienza delle riforme volte alla liberalizzazione della politica e dell’economia, e la continua vicinanza al Venezuela
di Nicolas Maduro, da cui Cuba continua a dipendere per le importazioni di petrolio e gas.
Un altro punto che potrebbe minare la pacificazione è il desiderio della nuova amministrazione di mantenere operante
il carcere di massima sicurezza di Guantanamo. Poco chiara è invece la posizione del presidente a riguardo della politica migratoria.
Anche se questa politica è avversata dagli anti-castristi più convinti, essa ha permesso a centinaia di migliaia di cubani
di entrare negli USA senza permesso, e pertanto la sua abolizione non può che far piacer ad un presidente che
molto ha puntato sulla riduzione dell'immigrazione irregolare.
Per coloro che vedevano nell'apertura di Cuba l'inizio della caduta del regime, la realtà (fino ad ora) sì è mostrata
contraria alle loro aspettative: la leadership dell'isola è sopravvissuta alla perdita del loro maggiore esponente,
(che aveva ceduto le redini del potere da almeno dieci anni), e non mostra alcun segnale di debolezza. Ben lungi dall'essere
isolata, Cuba è stata riammessa nell’OAS (Organizzazione degli Stati Americani) pur senza essere reintegrata,
segno della volontà generale di sanare una rottura che perdura dal 1962. Inoltre il governo cubano continua ad essere
un attore rilevante nei principali affari del continente, e non soltanto per i suoi tradizionali alleati "socialisti",
(quali Venezuela, Nicaragua, Bolivia ed Ecuador). Ne sono un lampante esempio gli accordi di pace tra governo colombiano
e FARC-EP, siglati appunto nella capitale dell'isola. Nonostante ciò, La situazione dell'isola non è per nulla rosea.
Malgrado l'apertura del mercato interno e la creazione di alcune aree speciali per facilitare gli investimenti,
(quali per esempio la Zona Speciale di Sviluppo El Mariel), infatti, Cuba ha conosciuto una crescita economica
estremamente contenuta (circa 1%). A frenare lo sviluppo economico sono soprattutto il peso di una burocrazia farraginosa
e pervasiva e la rigidità del sistema, retto ancora da norme socialiste. Tra i nodi più intricati, c'è sicuramente il
sistema della doppia valuta, che prevede la coesistenza di un peso cubano (usato per i salari) ed un peso convertibile
con il dollaro, a cui ovviamente ha accesso solo una parte ridotta della popolazione, e l'obbligo imposto alle aziende
straniere di creare una società mista con investitori ed aziende locali, il che contribuisce a ridurre l’attrattività
del mercato.
Dal canto suo, la situazione incerta che si è andata ad instaurare tra Cuba e Stati Uniti scoraggia molte aziende,
timorose di perdere i loro investimenti a causa di una recrudescenza della rivalità tra i due Paesi.
Per cercare di bilanciare eventuali ricadute negative, L'Avana ha iniziato a corteggiare ogni possibile nuovo
partner economico: oltre all'importate accordo per la ristrutturazione del debito siglato con il Club di Parigi già nel 2015,
Cuba è riuscita anche ad attirare imponenti aiuti finanziari ed investimenti da Giappone, Cina e Russia
(quest'ultima in particolare partecipa ad un poderoso progetto per la modernizzazione delle ferrovie dell'isola).
In definitiva, dunque, la politica di disgelo tra i due Paesi rimane ancora molto fragile e, per adesso,
ha portato risultati non eccessivamente entusiasmanti per nessuna delle due parti. Anche se un ritorno al
precedente clima di ostilità non conviene a nessuno dei due governi, una politica troppo aggressiva da parte del
presidente Trump od una levata di scudi da parte del regime cubano potrebbe far deragliare un processo ancora in fasce,
rendendo più complessa e più lunga la risoluzione di una delle ultime contrapposizioni frutto della Guerra Fredda.