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apr06gio
Ultimamente, lo scrivere sempre di Finale E. mi ha fatto un poco trascurare quel mondo
oltreoceano, dove una parte di me trova desiderio di trasferirsi. Un luogo dove almeno
qualcosa accade. Continuo quindi il seguito al precedente post
Rum Sigari e Storia
Nonostante la diminuizione e cancellazione di alcune rotte di volo dagli Stati Uniti verso Cuba, il boom del Tuirismo, unitamente alle rimesse da fuori paese e principalmente da Stati uniti, sono le uniche voci attive di un economia che perde colpi con un PIL che dal 4,4 del 2015 scende allo 0,9 nel 2016. Un crollo causato dalla crisi che paralizza il Venezuela e il Brasile, i paesi che in cambio dell'importazione di medici più sostentavano le casse del regime cubano, (Caracas assicurava le risorse energetiche con l'erogazione di petrolio a condizioni agevolate che si è ridotta di due terzi e Brasilia si era impegnata nella costruzione della zona franca intorno al porto di Mariel dove i lavori si sono bloccati).
Eppure, i turisti americani ci sono, nonostante la paura del cambio di guardia alla Casa Bianca, che fa registrare una lieve diminuzione dei turisti americani, nel timore che un improvviso irrigidimento dei rapporti induca la Casa Bianca a rispolverare la lista nera dei viaggiatori non autorizzati.
Scattandosi selfie sui sedili di una Chevrolet resuscitata, il turista americano, è troppo estasiato dal suo tuffo negli anni Cinquanta per percepire le ansie di Cuba dopo l'avvento di Donald Trump, e non percepisce che alla faccia dell'egualitarismo socialista aumentano le diseguaglianze, una realtà stile Disneyland molto evidente nella capitale, mentre nel resto del pese costringe i lavoratori statali, (il 70 per cento), a stringere la cinghia con stipendi mai superiori all'equivalente di 30 euro al mese e la stampella di una libreta (i sussidi alimentari) sempre più striminzita, che tra la corsa al profitto di un turismo arraffone e lascia consegnata a riso e fagioli, la dieta della maggioranza della popolazione.
Il recupero architettonico della città vecchia de La Habana, ha diradato l’alone di fatiscenza, restituendo l'antica eleganza, ma l'invasione turistica ha estinto il fascino del languore e della spontaneità: nelle vie del centro, rigurgitanti bar e boutique, è tutto un frastuono, un frenetico affanno verso una modernità intasata, con vetrine di paccottiglia, affollati vicoli con ugole improvvisate di salsa, di buttadentro dei paladares (le trattorie familiari), di ambulanti che offrono sigari e Viagra che presidiano il triangolo hemingwaiano delle bevute, dal il Floridita, la Bodeguita del Medio e l'hotel Ambos Mundos, da cui oggi lo scrittore scapperebbe a gambe levate.
Una schizofrenia che, da un lato, fa andare alle stelle i prezzi, arricchendo anche con le semplici mance, la minoranza dei cubani che lavora a contatto con gli stranieri: decollate le tariffe degli alberghi, richieste senza controllo per le corse in taxi, conti salati nei nuovi ristoranti alla moda, dove la nuova borghesia cubana assapora i frutti proibiti del consumismo, mescolandosi ai turisti nei locali di tendenza e ostentando vestiti griffati e smartphone di ultima generazione.
In Habana, il comunismo caraibico smania per uscire dal grigiore del conformismo, soprattutto fra i giovani più irrequieti, che dimentichi o ignari dei miti della rivoluzione, bivaccano fino all'alba, dove anche chi è escluso dal caravanserraglio è investito dal cambiamento. La diffusione sia pure a caro prezzo di Internet (quattro euro per due ore) ha moltiplicato i capannelli nelle piazze in cui sorgono gli hotspot o nelle strade dei grandi alberghi. Persone di ogni età smanettano per ridurre le distanze con i mondi da cui si sono sentiti emarginati. E per tornare a casa fermano uno degli "almendrones", (le vecchie auto americane importate prima della rivoluzione e rimesse a nuovo), che quando non scorrazzano i turisti yankee a 40 euro all'ora sono tenuti a caricare i cubani a prezzi ovviamente stracciati.
Un argomento tabù è il tema pur incombente della successione al vertice. Il 28 febbraio 2018 Raul Castro, (quasi 86 anni), finirà il suo secondo mandato e lascerà la presidenza, almeno così ha annunciato. L'abdicazione non significa che cederà del tutto le redini del potere, dovrebbe infatti conservare fino al 2021 la carica di segretario del partito comunista, l'istituzione che assieme alla gerarchia militare regola la vita del paese. A livello esecutivo emergeranno nuove figure, quasi sicuramente della prima generazione che non ha combattuto per la rivoluzione. Nel frattempo, tra le affermazioni del nuovo presidente americano, per il quale "il lider maximo", è stato "un brutale dittatore" e pretende un cambio radicale che Raul Castro, in difesa dei valori rivoluzionari, non sembra disposto a concedere.....si aspetta il futuro!
Liberamente tratto da un aricolo di Gianni Perrelli, per L'Espresso
Cuba, il futuro tra la Revolution e Disneyland
Nonostante la diminuizione e cancellazione di alcune rotte di volo dagli Stati Uniti verso Cuba, il boom del Tuirismo, unitamente alle rimesse da fuori paese e principalmente da Stati uniti, sono le uniche voci attive di un economia che perde colpi con un PIL che dal 4,4 del 2015 scende allo 0,9 nel 2016. Un crollo causato dalla crisi che paralizza il Venezuela e il Brasile, i paesi che in cambio dell'importazione di medici più sostentavano le casse del regime cubano, (Caracas assicurava le risorse energetiche con l'erogazione di petrolio a condizioni agevolate che si è ridotta di due terzi e Brasilia si era impegnata nella costruzione della zona franca intorno al porto di Mariel dove i lavori si sono bloccati).
Eppure, i turisti americani ci sono, nonostante la paura del cambio di guardia alla Casa Bianca, che fa registrare una lieve diminuzione dei turisti americani, nel timore che un improvviso irrigidimento dei rapporti induca la Casa Bianca a rispolverare la lista nera dei viaggiatori non autorizzati.
Scattandosi selfie sui sedili di una Chevrolet resuscitata, il turista americano, è troppo estasiato dal suo tuffo negli anni Cinquanta per percepire le ansie di Cuba dopo l'avvento di Donald Trump, e non percepisce che alla faccia dell'egualitarismo socialista aumentano le diseguaglianze, una realtà stile Disneyland molto evidente nella capitale, mentre nel resto del pese costringe i lavoratori statali, (il 70 per cento), a stringere la cinghia con stipendi mai superiori all'equivalente di 30 euro al mese e la stampella di una libreta (i sussidi alimentari) sempre più striminzita, che tra la corsa al profitto di un turismo arraffone e lascia consegnata a riso e fagioli, la dieta della maggioranza della popolazione.
Il recupero architettonico della città vecchia de La Habana, ha diradato l’alone di fatiscenza, restituendo l'antica eleganza, ma l'invasione turistica ha estinto il fascino del languore e della spontaneità: nelle vie del centro, rigurgitanti bar e boutique, è tutto un frastuono, un frenetico affanno verso una modernità intasata, con vetrine di paccottiglia, affollati vicoli con ugole improvvisate di salsa, di buttadentro dei paladares (le trattorie familiari), di ambulanti che offrono sigari e Viagra che presidiano il triangolo hemingwaiano delle bevute, dal il Floridita, la Bodeguita del Medio e l'hotel Ambos Mundos, da cui oggi lo scrittore scapperebbe a gambe levate.
Una schizofrenia che, da un lato, fa andare alle stelle i prezzi, arricchendo anche con le semplici mance, la minoranza dei cubani che lavora a contatto con gli stranieri: decollate le tariffe degli alberghi, richieste senza controllo per le corse in taxi, conti salati nei nuovi ristoranti alla moda, dove la nuova borghesia cubana assapora i frutti proibiti del consumismo, mescolandosi ai turisti nei locali di tendenza e ostentando vestiti griffati e smartphone di ultima generazione.
In Habana, il comunismo caraibico smania per uscire dal grigiore del conformismo, soprattutto fra i giovani più irrequieti, che dimentichi o ignari dei miti della rivoluzione, bivaccano fino all'alba, dove anche chi è escluso dal caravanserraglio è investito dal cambiamento. La diffusione sia pure a caro prezzo di Internet (quattro euro per due ore) ha moltiplicato i capannelli nelle piazze in cui sorgono gli hotspot o nelle strade dei grandi alberghi. Persone di ogni età smanettano per ridurre le distanze con i mondi da cui si sono sentiti emarginati. E per tornare a casa fermano uno degli "almendrones", (le vecchie auto americane importate prima della rivoluzione e rimesse a nuovo), che quando non scorrazzano i turisti yankee a 40 euro all'ora sono tenuti a caricare i cubani a prezzi ovviamente stracciati.
Un argomento tabù è il tema pur incombente della successione al vertice. Il 28 febbraio 2018 Raul Castro, (quasi 86 anni), finirà il suo secondo mandato e lascerà la presidenza, almeno così ha annunciato. L'abdicazione non significa che cederà del tutto le redini del potere, dovrebbe infatti conservare fino al 2021 la carica di segretario del partito comunista, l'istituzione che assieme alla gerarchia militare regola la vita del paese. A livello esecutivo emergeranno nuove figure, quasi sicuramente della prima generazione che non ha combattuto per la rivoluzione. Nel frattempo, tra le affermazioni del nuovo presidente americano, per il quale "il lider maximo", è stato "un brutale dittatore" e pretende un cambio radicale che Raul Castro, in difesa dei valori rivoluzionari, non sembra disposto a concedere.....si aspetta il futuro!
Liberamente tratto da un aricolo di Gianni Perrelli, per L'Espresso
Cuba, il futuro tra la Revolution e Disneyland
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